Cultura

Servizi sociali, ecco le eccellenze nell’innovazione

Speciale EuroPA. I progetti premiati al Salone delle autonomie locali

di Redazione

Più di 80 progetti presentati, 70 accolti dalla giuria, 2 vincitori assoluti, 4 premi speciali e 11 riconoscimenti a progetti segnalati per caratteristiche di innovatività e coprogettazione. Sono i numeri più importanti del Premio Innovazione nei servizi sociali, l?iniziativa promossa per il sesto anno consecutivo (si è tenuta il 5 maggio) dal Comune di Rimini e dalla rivista Servizi Sociali Oggi nell?ambito dell?ottava edizione di EuroP.A. Salone delle autonomie locali. Il premio, nato con l?obiettivo di individuare le buone pratiche e le esperienze più creative nel settore dei servizi sociali, ha registrato un incremento delle candidature dei progetti per i servizi alla famiglia, disabili, inclusione sociale, donne e minori: in calo le proposte dedicate agli anziani. I primi due premi sono stati assegnati al Comune di Torino per il miglior progetto per il miglioramento dell?intervento socio-assistenziale in servizi già funzionanti, residenziali o semiresidenziali o territoriali e alla cooperativa sociale Agricoltura Capodarco di Grottaferrata per il miglior progetto per i bisogni di fasce di popolazione o di categorie a rischio.

Si chiama Prisma il progetto del Comune di Torino che è stato premiato a Rimini. Ma avrebbe potuto chiamarsi anche Passepartout. Dal nome del servizio che opera da anni nella città sabauda e che mette insieme le esperienze pubbliche e del terzo settore nel campo delle relazioni di aiuto. Passepartout, come la chiave che apre tutte le porte. Specie a chi è in condizione di abbandono. Prisma, come il cristallo che, attraversato da un fascio di luce, dà vita allo spettro dei colori. Prima di avvicinarsi al dolore degli altri, questo il messaggio del progetto, bisogna imparare a riconoscere il colore del disagio degli altri. La fatica di vivere ha sfumature diverse a seconda delle storie personali. Tonalità, purtroppo, che si fanno ogni giorno più variopinte. Le condizioni di fragilità, infatti, coinvolgono gruppi sociali più estesi. Fattori come la diminuzione del reddito, la perdita dei legami affettivi, la lontananza dalla terra d?origine, si aggiungono al malessere prodotto dall?uso di stupefacenti e alcolici, dai disturbi alimentari o dagli eventi inaspettati e improvvisi come i lutti, gli incidenti o le malattie. A Torino hanno provato a fare il percorso inverso a quello del fascio di luce che attraversa il prisma. Hanno unito le idee e le forze di chi opera nelle relazioni di aiuto.

Il servizio Passepartout, attraverso gli sportelli di ascolto, accoglie le domande delle persone e famiglie che vivono condizioni di disagio e fragilità e le orienta al ?progetto aiuto? più idoneo. Pubblico e privato sociale, dunque, condividono prassi e metodi di lavoro. Un modo per superare la tradizionale asimmetria fra volontariato che chiede all?amministrazione risorse finanziarie ma rivendica la propria autonomia, e pubbliche amministrazioni che si limitano invece a mettere mano al portafogli per offrire servizi e presìdi.

Prestazioni formali che, però, sono insufficienti ad assicurare benefici a chi sconta la solitudine e la disperazione. Il progetto Prisma, invece, non punta a fornire prestazioni, quanto favorire opportunità d?incontro, di scambio e di solidarietà tra pari. Cominciando dalle organizzazioni che lavorano sul territorio. Dall?analisi preliminare è emerso che le associazioni d?aiuto lamentano, soprattutto, demotivazione data dal basso numero dei partecipanti (30,7%), difficile gestione dei soggetti disturbanti (9,6%), cambio del facilitatore (6,9%).

Il costo del progetto è di 75mila euro finanziati da Città di Torino, Centri servizi al volontariato e fondazione bancarie.

I progetti di formazione e lavoro ?fatti in casa?, nei laboratori delle comunità di recupero o delle cooperative sociali, rischiano di essere fine a se stessi se non costruiscono ponti con l?esterno. L?inserimento lavorativo dei soggetti in situazione di dipendenza o a rischio ha senso, invece, se è realizzato nella società e con la società. Il secondo progetto premiato al Salone delle autonomie locali di Rimini, La Buona terra della cooperativa sociale Agricoltura Capodarco di Grottaferrata (RM) supera il fossato che separa terzo settore e territorio e propone un percorso di accompagnamento nel mercato del lavoro condiviso con le imprese. Un?idea maturata con l?iniziativa Sorella Terra (2000-2006), e che ora prosegue con La Buona terra. Quattro gli aspetti innovativi del progetto che hanno riscosso l?approvazione del premio EuroP.A.

Innanzitutto, il valore terapeutico del lavoro: stimola il cambiamento e la costruzione di progetti di vita attivi. In secondo luogo, l?impegno in agricoltura: i campi offrono un ampio ventaglio di mansioni che rispondono alle diverse capacità e attitudini dei tossicodipendenti o degli alcolisti. Soprattutto mettono a diretto contatto con tutto ciò che è vita – piante e animali, ad esempio – facendo rifiorire il piacere di tornare a scommettere su se stessi. Terzo elemento, il coinvolgimento del mondo agricolo e imprenditoriale: un legame utile per far crescere sia l?economia del territorio, sia, soprattutto, la coesione sociale.

Infine, la presenza del tutor aziendale. Una figura di mediazione fra l?azienda che ospita e la persona da inserire nel mondo del lavoro. Una sorta di Virgilio, dunque, che accompagna l?utente del corso di formazione e inserimento lavorativo. Il progetto, finanziato con 284mila euro dalla Provincia di Roma, è rivolto a un pubblico di 48 utenti (nella prima fase di attuazione sono state coinvolte 25 persone) e ha una durata di 18 mesi. Destinatari: tossicodipendenti, alcolisti (anche ex), consumatori di sostanze stupefacenti a rischio di abbandono sociale e di dispersione scolastica.

I partner sono 14 fra soggetti pubblici e privati: oltre la Provincia e la cooperativa, 6 Comuni dell?hinterland romano, 2 aziende, l?Asl Roma H, l?Università della Tuscia, la Cia – Confederazione italiana degli agricoltori, e una seconda cooperativa sociale. Soggetti che hanno il compito di contribuire al progetto ma, soprattutto, di fare rete.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.